Less Ideology/More Curiosity
Quali sono i contenuti teorici che guidano le scelte progettuali di Officina5? Spesso presentando i nostri lavori ci siamo dovute difendere dall’obiezione di non seguire una precisa linea teorica che guidasse omogeneamente la nostra produzione. In realtà dietro questo atteggiamento riluttante nei confronti delle teorie, delle ideologie e delle mode si nasconde la scelta precisa di rifiutare quel processo di autoassoluzione secondo cui tutto torna e tutto si giustifica a posteriori.
L’approccio che privilegiamo è quello strategico-operativo, secondo il quale le risposte sono relative e non assolute ed il progetto rappresenta una occasione per sperimentare e non per dimostrare.
Lo sviluppo di una architettura richiede, un livello di lettura incrociato guidato da due fattori. La curiosità, necessaria a rivolgere la nostra attenzione verso gli altri e le altre cose e la mancanza di ideologia nella progettazione e nel giudizio.
Non credo che esistano chiavi di lettura univoche ed assolute ma, quando mi cerco di capire l’architettura di qualcun altro o quando spiego ad altre persone un mio progetto, elaboro un pensiero in base a 4 elementi: chiarezza, coerenza, reazione e alterità.
Chiarezza. Un progetto deve essere chiaro. Deve essere semplice. Un’opera è chiara se si articola attorno ad una idea guida principale o a un concetto predominante. L'idea può emergere in maniera sintetica attraverso uno schizzo, un logo. Un concetto può essere sviluppato attraverso una serie di passaggi, 1_2_3, consequenziali che lo articolano. Un progetto è chiaro se è sintetico, se per spiegarlo posso usare poche parole chiave, uno slogan, e raffigurarlo con uno schizzo, uno schema. Penso soprattutto agli schizzi di Le Corbusier, agli schemi urbani e territoriali di Quaroni, di Koolhaas, generalmente diagrammi bidimensionali ma, anche alle prospettive di Mendhelson.
Solo apparentemente la chiarezza è banale e la sintesi è mancanza di articolazione e complessità. Un progetto è il risultato finale di una lettura incrociata di domande (date dal programma in oggetto) e di tante risposte che coordinano tutte le competenze di cui il progetto si deve dotare (strutture, impianti, tecnologie e coerenza con gli strumenti di pianificazione) che determina un risultato estremamente complesso ed articolato.
Un progetto funziona quanto al compimento perfetto di tutti questi fattori corrisponde, una apparente semplicità e sintesi che indica come risultato una strategia progettuale chiara e sostenibile. Il progetto per la sistemazione di piazza San Cosimato a Roma è riassumile in uno slogan: Night and Day. Attraverso un sistema mobile, i banchi del mercato, di giorno, aperti, strutturano la piazza longitudinamente, di notte, chiusi, determinano una spazialità trasversale che funziona come luogo di sosta e punto di incontro, dotando così la piazza di una area attrezzata a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Coerenza. Un’idea va sviluppata fino in fondo, a più riprese, con un processo di continue scese di scala e verifiche spaziali. Come scriveva Aalto, il processo di sviluppo di un concetto, da un nucleo iniziale ad un organismo maturo, richiede tempo e ciò che si sviluppa attorno ad una idea architettonica necessita di un tempo ancora maggiore ma il risultato finale tende a somigliare allo schizzo iniziale che è elementare e sintetico. La complessità caratteristica del progetto è data dai fattori che interagiscono nel processo di sviluppo del progetto stesso. Il programma da rispettare, le norme da adempiere, le tecnologie da adottare, il tipo di struttura e di materiale creeranno quella e non un’altra idea di spazio. In questo processo di sviluppo ciò che conta è la sincerità. Un'opera deve essere autentica, non si deve barare. Per perseguire un obiettivo non serve raggirare l’ostacolo. La scelta di una tecnologia, di un materiale, di un elemento strutturale, determineranno un preciso sistema di relazioni.
Una architettura rivela coerenza rispetto a ciò che vuole comunicare quando attraverso tutte le sue fasi di sviluppo il risultato cui si perviene è di nuovo il concetto iniziale, come in un sistema di cerchi concentrici, di scatole cinesi. Il progetto per la Nuova sede IUAV a Venezia, si sviluppa attorno all’idea di creare un edificio-cerniera, attraversato da 2 assi, uno urbano/fisico e l’altro visivo/percettivo, che assorba le sollecitazioni del contesto e che le ritrasmetta alla città mediate da una articolata serie di funzioni e relazioni.
Oggetto a reazione poetica. Utilizzando una delle definizioni di Duchamp riguardo un'opera d'arte, un’architettura è un oggetto a reazione poetica rispetto al proprio contesto. Contesto ed oggetto sono due cose indipendenti l'una dall'altra. L'opera possiede una natura fondamentalmente autonoma, rispetto al proprio contesto e rispetto alle sue coordinate temporali. La poetica personale non sempre segue un processo evolutivo lineare e consequenziale. Argan scriveva a questo proposito che Le Corbusier, nel processo di crisi della cultura occidentale sfociato nel secondo conflitto mondiale, compie un percorso a ritroso passando dal mito del progresso a quello della preistoria.
Un'opera pone delle domande e si da delle risposte, mai assolute, sempre relative. Progettare è prefigurare cose in luoghi diversi. La combinazione tra i mille modi diversi attraverso i quali esprimere un’idea ed i mille luoghi diversi dove collocarla danno un risultato di volta in volta unico. Questa combinazione si manifesta attraverso il condensarsi di energie, il coagularsi delle forze. Le relazioni con il contesto, e quindi con la storia, la città, la natura, i luoghi residuali etc. possono stabilirsi a partire da una serie di punti d’innesto, di nodi, oppure attraverso un processo di astrazione in cui si isola un elemento, una caratteristica, una chiave di lettura appartenente al contesto a cui l'opera fa riferimento. Nel progetto per piazza San Cosimato, infatti, la romanità è espressa attraverso la caratteristica della stratificazione che viene assunta come motivo formale dell’intervento.
Il contesto reagisce all'oggetto e l'oggetto reagisce al contesto, scambiano in un approccio narrativo oppure osmotico suggestioni ed interpretazioni ma, anche indifferenza, contrapposizione, analogia o astrazione. Il progetto per il padiglione DARC ai giardini della Biennale di Venezia, nasce da un approccio totalmente narrativo nei confronti dell’area. Simulando una sorta di deriva situazionista viene elaborato un racconto in cui i visitatori persi nel verde vengono catturati da una rete gettata nel giardino ed intrappolati in una stanza per essere bombardati da informazioni e sollecitazioni sensoriali.
Alterità. Leggere un progetto attraverso l'altro da sè. Levi-Strauss, in Tristi Tropici, scrive che il processo legato alla conoscenza e alla creazione della propria identità personale, passa attraverso il rapportare un tipo di realtà ad un altro.
E’ fondamentale leggere un’opera attraverso l’altro da se, tramite altri strumenti conoscitivi. L’ausilio di un livello interpretativo espresso con altre forme artistiche, che parlino attraverso linguaggi diversi, aiuta sia a fare i conti con le proprie radici culturali, sia fare chiarezza su ciò che l’opera vuole significare e comunicare. Ogni progetto serve a chiarire una cosa, a fare un passo in avanti o indietro. Rileggere testi ed immagini a partire da altri punti di vista, serve a rinnovare le proprie idee attraverso la conoscenza del passato e la consapevolezza del presente. Cercare una possibile interpretazione tramite le altre arti e gli altri mezzi di comunicazione, dalla pittura alla musica, dalla scultura alla letteratura, consente di astrarre e decontestualizzare, e di trovare nell’altro da se la distanza necessaria ad esprime un giudizio.
Il progetto per la Nuova sede per la Agenzia Spaziale Italiana, in cooprogettazione con E. Miralles e B. Tagliabue, è la rilettura del tipico edificio romano post-unitario a corte, nel quale l’architettura si sviluppa a partire da un vuoto centrale. Lo svilippo di questa idea che sta alla base del progetto prende spunto da 2 figure che ci hanno consentito di sintonizzare i nostri linguaggi differenti per origine e livello all’interno di un territorio condiviso: le installazioni di Turrell sull’uso della luce zenitale e il film Roma di Fellini.
Roma, Giugno 2002
Federica Morgia – Officina5